
Chiesa Carminiello
(XVII sec.)
Nel Seicento, si credeva fermamente che le esecuzioni pubbliche fossero un efficace deterrente per mantenere l’ordine e la tranquillità. All’alba, il suono delle campane segnava l’inizio di una giornata carica di aspettative: era il momento in cui si preparava il corteo che avrebbe condotto il condannato alla forca. Una folla di curiosi si radunava silenziosa davanti al carcere e poi, in corteo, attraversava la città dirigendosi verso il luogo dell’esecuzione.
Prima di arrivare al patibolo, il condannato sostava in questa chiesa prima di ricevere l’estrema unzione. All’esterno sono ancora presenti le due pile di pietra utilizzate per cospargere il condannato con acqua benedetta, un ultimo rito simbolico di purificazione prima dell’inevitabile destino.
Questa chiesetta, familiarmente chiamata “Carminiello” dai giovinazzesi, fu costruita da Giovanni Nicola Raniero e da sua moglie Laura Alchieri, come riportato dall’iscrizione sulla facciata. Sorgeva in aperta campagna, «nella cocevola di via Bari, nel luogo detto lo Palmento di Poriello», un’area un tempo dedicata alla pigiatura dell’uva.
A lungo gli storici locali hanno dibattuto sull’anno di costruzione (1636 o 1638). In realtà, entrambe le date sono corrette, poiché la costruzione avvenne in due fasi: la cappella fu eretta nel 1636, mentre la chiesa due anni dopo. Questa fusione di edifici, visibile nella facciata, rappresenta un esempio significativo di architettura sacra seicentesca e conferisce alla chiesa, pur nella sua semplicità, un notevole valore storico e artistico.