
Ex Chiesa San Felice (Sala San Felice)
La Chiesa di San Felice, edificata nel IV secolo sui resti di un antico tempio pagano dedicato a Venere, era un tempo la cattedrale della città. Conosciuta come la chiesa “iuxta muros”, perché eretta vicino alle mura che delimitavano l’antico borgo, sorgeva imponente nel cuore di Giovinazzo. Questo luogo sacro, per secoli ravvivato da cerimonie religiose e dalla pietà popolare, era destinato a vivere una storia travagliata.
Il 15 gennaio 1691, un terribile incendio divorò l’edificio. Le fiamme, inarrestabili, consumarono legno e pietra, lasciando dietro di sé solo cenere e desolazione, mentre i fedeli assistevano impotenti e angosciati alla distruzione del cuore spirituale della loro comunità. Nonostante i successivi sforzi del vescovo Giacinto Chiurlia, determinato a restituire dignità al luogo di culto, il restauro lungo e complesso non riuscì mai a riportare la chiesa al suo antico splendore. Alla fine del XIX secolo, con la struttura che minacciava di crollare, si decise per il suo abbandono definitivo. Gli arredi sacri furono dispersi, e solo pochi pezzi di valore si salvarono dalle macerie. Tra questi, il dipinto San Felice vescovo in Cattedra, realizzato da Lorenzo Lotto e commissionato nel 1542 da un mercante di Barletta per conto degli abitanti di Giovinazzo. La tela è la parte centrale di un trittico che raffigurava San Felice affiancato da Sant’Antonio da Padova e San Nicola da Tolentino. Più volte restaurata, la preziosa opera è custodita nella Chiesa di San Domenico.
Nel frattempo, l’antica cattedrale, in rovina, fu profanata e abbandonata al degrado. Altari distrutti, sepolcreti violati, ossa disperse: questo era tutto ciò che rimaneva del sacro. Monsignor Pasquale Picone, privo delle risorse necessarie per ripararla, vendette infine i ruderi al demanio. Nel 1911 il sindaco Giuseppe Palombella pose fine a questo scempio. I resti mortali che giacevano nel sepolcreto della chiesa furono trasportati nel grande ossario del cimitero cittadino. Le parti pericolanti vennero demolite e il tempio trasformato in un mercato pubblico. Decenni dopo, negli anni Novanta, una iniziativa nobile e meritoria del sindaco Francesco Milillo restituì dignità a ciò che rimaneva dell’antica chiesa. Lo spazio venne riqualificato e trasformato in un contenitore culturale, dando vita alla “Sala San Felice”, destinata a conferenze e mostre, dove la storia di Giovinazzo può continuare a vivere e stimolare la fantasia.