
Istituto Vittorio Emanuele II
(XVIII sec.)
Quando i domenicani costruirono il convento, nel XVIII secolo, progettarono un complesso imponente, che copriva un intero isolato. Non potevano immaginare che sarebbe diventato il cuore pulsante della città, luogo di storia e di cultura. L’opera fu realizzata grazie al generoso lascito del primicerio Giuseppe Bonhomo. Con la soppressione degli ordini monastici, a metà Ottocento, fu trasformato in Real Orfanotrofio e ristrutturato per questo scopo dall’architetto giovinazzese Giuseppe Mastropasqua.
La storia dell’edificio finì così per legarsi alle vicende personali di tantissimi bambini che trascorrevano gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza tra le mura dell’Istituto, ricevendo una solida istruzione. Migliaia furono i ragazzi ospitati che conducevano una vita dai ritmi serrati, come in una caserma, dedicandosi anche a lavori di tessitura, alla lavorazione del legno e del ferro nelle officine che furono ospitate negli spazi dell’Istituto. Nel Novecento vennero introdotte nuove attività: fotografia, scultura, ginnastica, ebanisteria, tipografia. Ad occuparsi dei piccoli ospiti arrivarono le suore della Congregazione “Immacolata Concezione” di Ivrea, alle quali fu affidato l’Asilo di maternità.
L’Istituto fu conosciuto anche per la banda musicale e per il ricco archivio musicale che gelosamente conservava. I “ragazzi” dell’Istituto hanno creato l’associazione “Quelli dell’IVE”, allo scopo di conservare la memoria di questo luogo, che oggi ospita eventi culturali. Tra i nomi illustri che hanno trascorso gli anni della loro vita tra le mura dell’Istituto ricordiamo Gioacchino Toma, esponente di spicco della cultura pittorica dell’Ottocento, Michele Fiorino, medaglia d’oro al valore militare nell’ultimo conflitto mondiale, e Stefano Montagna, eccellente ebanista, ultimo custode della storia dell’Istituto.