
Chiesa Sant'Agostino e Cittadella della Cultura
(XVIII sec. – XIX sec.)
Nella quiete serale di Giovinazzo, la grande cupola di Sant’Agostino si erge maestosa, accogliendo i viaggiatori con la sua imponente presenza. Alta cinquanta metri, questa cupola racconta una storia di fede e perseveranza. Nel 1581, dopo lunghe peregrinazioni, gli agostiniani trovarono un luogo dove stabilirsi, sulle rovine di una chiesetta dedicata a San Tommaso, sulla via di Santa Lucia. Con determinazione, iniziarono a costruire una nuova chiesa, affidando il progetto all’architetto Barbiero Barba e la realizzazione all’ingegnere giovinazzese Giovanni Mastropasqua. I lavori iniziarono nel 1734 e furono completati quasi un secolo dopo dal figlio di Giovanni, Giuseppe Mastropasqua, che donò alla città la monumentale cupola.
La chiesa di Sant’Agostino, in stile neoclassico, presenta una facciata suddivisa in due ordini con lo stemma degli Asburgo. All’interno, la pianta a croce greca inscritta in un quadrato è dominata dalla cupola con la lanterna, che illumina il presbiterio arricchito dal coro ligneo del XVIII secolo. Le cappelle laterali e i pennacchi della cupola sono decorati da dipinti dei maestri locali De Musso e Giuseppina Pansini. La statua della Madonna del Rosario, per anni fonte di devozione per i fedeli, è stata successivamente trasferita nella chiesa dello Spirito Santo. Oggi, la devozione è rivolta al Sacro Cuore di Gesù, la cui statua viene portata in processione ogni anno durante una festa molto partecipata, seconda solo alla festa patronale.
Accanto alla chiesa, l’antico convento è ora una cittadella della cultura, ospitando la Biblioteca “Filippo Roscini”, una sala conferenze, laboratori e spazi per lo studio. Dopo l’abbandono degli agostiniani, l’edificio è stato trasformato in scuola, e al piano superiore si trovano alcune aule scolastiche. La storia di Sant’Agostino a Giovinazzo è un racconto di fede, arte e comunità. La grande cupola rappresenta la resilienza e lo spirito indomito di un popolo che ha saputo trasformare le sfide in opportunità, e le rovine in capolavori senza tempo.