
Dolmen San Silvestro
(1800-1700 a.C.)
Negli anni Cinquanta, l’Italia era impegnata in un progetto ambizioso: la costruzione di una rete autostradale che avrebbe unito il Nord e il Sud, migliorando la qualità della vita e la circolazione delle merci. «L’autostrada è il futuro», ripetevano tutti con entusiasmo. All’alba del 15 aprile 1961, un gruppo di operai della ditta Fratelli De Venuto, coperti di polvere e sudore, era intento a demolire un cumulo di pietrame destinato alla costruzione della nuova autostrada. Gli escavatori, rumorosi e inarrestabili, sbriciolavano le rocce senza sosta. A un certo punto, il ritmo frenetico del lavoro si interruppe bruscamente, quando una pala meccanica colpì qualcosa di estremamente duro. Gli operai si avvicinarono, increduli e curiosi.
Quello che emerse lentamente da sotto un cumulo di pietre, tra lo stupore generale, non era una roccia qualunque, ma un monumento megalitico millenario, identificato in seguito come il Dolmen San Silvestro, testimone silenzioso di un’epoca risalente all’Età del Bronzo. Gli archeologi, accorsi immediatamente sul luogo, iniziarono a lavorare con meticolosità e passione. L’interno del dolmen rivelava un “dromos”, un corridoio lungo 17 metri, orientato da nord a sud e costruito secondo il sistema trilitico, con grandi lastroni di pietra disposti verticalmente e coperti da altrettanti lastroni orizzontali.
Alla fine del “dromos”, gli archeologi scoprirono la “tholos”, una camera circolare a cielo aperto, con la forma di un cono rovesciato. Qui, probabilmente, si svolgevano i riti più sacri, in uno spazio che evocava il passaggio tra la vita e la morte, tra la terra e il divino. Ma la parte più emozionante della scoperta si trovava nel settore nord del corridoio. Lì, chiaramente visibili, due lastre verticali dividevano l’ambiente interno, e tra le pietre e la terra giacevano i resti sparsi di 13 individui. Quei resti umani, insieme a frammenti di corredi funebri e ossa di animali, raccontavano di sepolture collettive, di una comunità che aveva scelto quel luogo per il riposo eterno dei suoi membri. Gli scavi successivi rivelarono che il sito era stato utilizzato per millenni, stratificando storie e vite una sopra l’altra fino al Medioevo quando i tombaroli distrussero parte della struttura centrale alla ricerca di tesori nascosti.
Probabilmente la costruzione del Dolmen di San Silvestro è stata influenzata dall’architettura funebre dell’area egea. In quell’epoca, infatti, le coste della Puglia erano frequentate da genti provenienti dal Mar Egeo, tra cui i Micenei, che portavano con sé un bagaglio di tecniche costruttive e di pratiche funerarie. Il Dolmen di San Silvestro divenne così una testimonianza tangibile di un’epoca di intensi scambi culturali, di viaggi e di incontri tra popoli lontani, che lasciarono un’impronta indelebile nella storia della regione. Riemerso fortunosamente da un buio ancestrale, il Dolmen di San Silvestro ricordò a tutti che, anche nel cuore della modernità, il passato non è mai davvero scomparso, ma continua a vivere sotto terra, in attesa di essere riscoperto.