
Palazzo Zurlo
(XVI sec.)
Tra il Quattrocento e il Cinquecento, l’Italia era al centro di una contesa feroce tra due potenti monarchie: la Francia e la Spagna. La penisola, frammentata politicamente, rappresentava una preda ambita, e, tra tutte le regioni, il Regno di Napoli si trovò ad essere la chiave di volta di una guerra destinata a sfociare in una sanguinosa battaglia campale.
Nel 1503 gli spagnoli catturarono 13 cavalieri francesi. Visto il loro prestigio, essi furono trattati con grande rispetto, tanto che fu organizzato un banchetto in loro onore. Durante la cena, gli spagnoli non mancarono di elogiare le virtù militari degli italiani sotto il loro comando, un apprezzamento che i francesi non potevano tollerare. Offesi nell’onore, sfidarono i soldati italiani a un duello alla pari: 13 contro 13. Questo epico scontro, noto come la Disfida di Barletta, si concluse con la vittoria schiacciante dei campioni italiani.
Tra i giudici di campo di questo leggendario torneo vi era Francesco Zurlo, membro di una nobile famiglia originaria di Giovinazzo, ma con radici napoletane. Gli Zurlo erano celebri capitani di ventura e vantavano una lunga tradizione militare. Lo stesso Francesco è ricordato dal poeta Bisanzio Lupis nel sonetto 95 del suo Canzoniere, per il valore dimostrato nella battaglia di Cerignola, dove perdette un occhio combattendo contro i francesi. Un altro membro della famiglia, il capitano Francesco Zurlo, si era distinto durante la difesa estrema di Otranto contro i Turchi, nel 1480. Nella Cattedrale di Giovinazzo è conservata la pietra tombale del cavaliere Enrico Zurlo, raffigurato con la sua armatura.
La famiglia aveva la propria storica residenza in questo palazzo, rimaneggiato nel corso dei secoli e completato in epoca rinascimentale con l’aggiunta di una loggia a due fornici a tutto sesto. Lo stemma della famiglia è ancora visibile sul portale di un edificio attiguo, costruito nel Novecento. Vicino al palazzo, si trova un suggestivo vicolo, chiamato Vico delle Cerimonie, largo appena cinquanta centimetri. A causa delle sue ridottissime dimensioni, le persone erano obbligate a “fare le cerimonie”, cedendo il passo l’una all’altra, in un gesto di rituale cortesia che ha dato il nome al vicolo.